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Avete presente il film “Brittany non si ferma più”, quello in cui una ragazza si pone l’obiettivo di correre la maratona di New York facendone una esperienza di vita? Nelle prime scene da “podista” corre l’isolato di casa: una fatica immensa.

Domenica, 6 dicembre. Quando ho cominciato alle 8 pioveva. Ma tanto. Ho pensato per un attimo di rimandare. Poi mi è venuta in mente la notte tra il 2 e il 3 dicembre 2017 quando, con i miei compagni di viaggio, ero in piazza a Sorrento, sotto la stessa pioggia, ma quella volta per farla partire una gara, non per correrla.
E così sono sceso.
Passo dopo passo, ne ho messi da parte un po’, conservandoli in una sorta di salvadanaio. Un passo e via, un passo e via. Pian piano ad accumulare passi e metri.
Prima o poi, il mio personale salvadanaio o salvapassi si riempirà. E sarà il mio traguardo.

Non sono mai stato un atleta, certo, ma il mio sogno, da ragazzo, era di fare un giorno una vacanza in bicicletta.  La bici mi ha poi accompagnato per tutta la vita: ho sempre amato fare lunghe passeggiate sulla mia due ruote e riuscivo anche a percorrere lunghe distanze. La corsa era un passatempo primaverile quando la temperatura lo permetteva. Nel 2010 in un incidente mi sono fratturato il ginocchio. In quell’occasione insieme alla gamba si ruppero definitivamente le mie velleità di atleta. Niente più bicicletta e niente più corsa che, però, era nel mio destino. Negli ultimi otto anni, lavorando per l’organizzazione di gare podistiche internazionali ho visto migliaia di uomini e donne partire, sudare, piangere, arrivare e abbracciarsi. Ne ho sempre ammirato la voglia di partire e soprattutto la voglia di arrivare, di raggiungere il traguardo, fisico e quello simbolico, che ciascun atleta ha. Ho invidiato loro la possibilità di mettersi in gioco, di sfidare la strada, di porsi un obiettivo. Ma la mia gamba mi ha sempre messo di fronte all’impossibilità di correre.

E torniamo a Brittany.
Accade che un bel giorno, una gara che ho sempre ammirato, quella che porta i podisti a godere dei panorami da Sorrento a Positano diventa digitale e ognuno la può correre dove più gli piace, nei tempi e nei modi che ciascuno decide, secondo le proprie possibilità ed abilità.

E c’è di più, la posso correre anche a tappe, suddividendo il risultato e paragonandolo a una competizione mondiale.

“Ce la posso fare”, penso subito. Posso correre, 3, 4 o 5 km al giorno. Posso avere il mio obiettivo. Potrò essere anche io tra gli ultimi, con la caparbietà ed il coraggio già tante volte sperimentato negli altri.
La sfida è lanciata ed io l’ho raccolta.
E se sfida deve essere, che sfida sia.

Ultramaraton 54km, sono pronto.

Marco Puzzo